‘I cioccolatini di Olga’ in scena a Roma al TeatroBasilica
Liberamente ispirato da ‘L’orgia di Praga’ di Philip Roth
Roma, 18 novembre 2025 - Il TeatroBasilica porta in scena a Roma dal 21 al 23 novembre ‘I cioccolatini di Olga’, uno spettacolo diretto da Laura Angiulli e liberamente ispirato dal racconto ‘L’orgia di Praga’ scritta da Philip Roth nel 1985.
Nel periodo dopo l’invasione sovietica che, in piena guerra fredda, ha posto fine alla Primavera di Dubcek, uno scrittore si reca a Praga alla ricerca del manoscritto di racconti di uno scrittore yiddish ucciso dai nazisti, conservato segretamente da una prostituta che cerca di barattare quelle pagine con la fuga oltrecortina.
La trasposizione presenta in forma di dialogo serrato tra i due protagonisti, un confronto doloroso di disillusioni, incomprensioni, differenti punti di vista, che si oppongono in un orizzonte di grandi temi: la libertà dell’uomo, il potere che opprime, il ruolo della scrittura e della letteratura.
Nella drammaturgia e regia di Laura Angiulli, l’opera ritrova la vibrazione profonda di un autore che ha saputo trasformare il tema dell’appartenenza alle radici, alla memoria, alla propria storia, nel motore segreto di una narrazione sempre inquieta, sempre in cerca di sé.
La regista nelle sue note scrive: “Se la formazione e i più generali caratteri culturali di Philip Roth fanno riferimento al Nord Est di quell’America della quale fin dall’infanzia lui assume in proprio i tratti, le consuetudini, le passioni giovanili proprie di certa popolazione immigrata di più o meno recente generazione -proficuamente insediata in quel contesto d’America - è anche vero che il richiamo delle radici resta forte, e insiste sulle scelte di vita e letterarie dell’autore, e non di rado nell’ampio peregrinare della scrittura lo riporta indietro, in un andare a ritroso attraverso le generazioni”.
“L’orgia di Praga - conclude Angiulli - apparentemente un’operina, pulsa del desiderio d’appartenenza e condivisione. C'è il riconoscimento di una distanza avvertita e sofferta dal soggetto scrivente, per caso portato dagli eventi in quella terra della sua antica origine, al tempo ancora oppressa dalla violenza della dominazione sovietica.
Le figure, faticosamente, stentatamente si aggirano sulla scena dell’opera, quasi fantasmi nella nebbia offuscante di un diritto di sopravvivenza tanto reclamato quanto negato, e pure si stagliano per la nettezza della rappresentazione, e si fanno elementi di configurazione di un più ampio spaccato umano che può facilmente essere assunto a segno di una mortificante conduzione di vita, quasi negazione della vita stessa”.
Silvio Damiani
